UN
RICORDO PER SEMPRE
... ho bisogno di liberarmi di questo “fardello”...
.... ho bisogno, forse, di sentirmi utile per
qualcuno...
Ecco perché ho deciso di scrivere! Potrebbe servire
ad altri, che hanno vissuto o vivono la mia stessa dolorosa
esperienza, come conforto!
Per fortuna riesco a non chiudermi in me stessa e ad
essere forte.. a pensare che questa mia tragica esperienza possa
essere di aiuto a qualcuno, così come io mi sento consolata e, in
qualche modo, incoraggiata quando leggo di esperienze simili.
Tutto ebbe inizio nell'estate 2010. Eva si trova al
mare. Infervorita dai preparativi per l'arrivo dei suoi figli, che
avevano trascorso con i nonni un'intera settimana da soli.
Ricorda la gioia e il dolore, all'improvviso!
Un dolore forte; pungente.. persistente alla “sua”
bocca. Lingua e gengiva doloranti.
Da quel momento tutta la “sua” vita è cambiata:
controlli medici continui; incertezza; incredulità e l'ostinazione
di voler credere ad una cosa banale. Fingere che tutto fosse
normale, ma poi arrendersi e tornare a casa. Lontana dalla quiete e
dalla serenità. Familiarizzare, immancabilmente, con la realtà
sempre più cruda e sconvolgente.
“Nel ricordo, rivivo la corsa frenetica a cercare
soluzioni... angoscia, presentimenti e... purtroppo, nulla di
infondato!
Nove mesi di agonia: chemio e radio. Le forze che,
pian piano crollano... ma non quelle dell'anima!
Terapie, comunque, non efficaci. Si necessita di un
intervento demolitivo, che mi ha strappato via lo sguardo e la
parola”!
Nonostante tutto, dopo l'intervento, si riprese
adeguatamente. Iniziò l'attesa snervante dell'esito delle analisi
e... che fare? “Attrezzarsi” ed affrontare tutto ciò che ci
aspettava.
Tutti coinvolti, anche se era lei a dover affrontare il
nuovo calvario del percorso terapeutico/riabilitativo.
Lo smarrimento, l'incertezza del cosa fare. L'ansia per
l'esito dell'operazione; lo struggimento e la pena per il dolore.
Ritrovarsi ad affrontare ancora altre difficoltà. Il dopo... come
riuscire a vivere come prima? “Non sono più la stessa. Non
potrò più fare il mio lavoro... ma penso di avere avuto, comunque,
il coraggio e vorrei poter trovare, ancora, tanta forza in me... non
tanto per me, ma per i miei figli, perché loro sì che sono la mia
vita!
Ha mostrato un coraggio ed una forza straordinari, fino
all'ultimo! Grazie a quello straordinario coraggio e forza di
volontà non si arrese mai e posso solo immaginare quanto le sia
costato.
“Non è giusto che io sia qui, nella mia casa,
fuori l'odore straordinario della primavera, a permettermi il lusso
di rimuginare sulla mia sofferenza e nulla più”.
Mai ha mostrato cedimenti, almeno evidenti, con gli
altri. Preferiva evitare di lasciarsi andare, anche se un giorno mi
ha detto: “sai che difficilmente piango? É
difficile che io esterni le emozioni... sì sono dura, ma sensibile,
direi”! Un modo per non cedere alla disperazione e nello stesso
tempo per proteggere gli altri dalla pena.
Tutti abbiamo avuto una linea comune: cercare di
coinvolgerla il più possibile in una vita normale.
Cercavamo di fare del nostro meglio: le stavamo vicino.
Le parlavamo continuamente, ma il tormento più grande era il non
sentirsi all'altezza, la sensazione frustrante di non riuscire a
trovare le parole giuste al momento giusto. Ricorrevo ai messaggi
scritti, alle lettere, cercando di chiarificarle che “scrivere è
terapeutico: permette di esprimere facilmente le proprie emozioni,
anche quando è difficile”!
“Sono caparbia, però, e la voglia di essere
ottimista non mi manca. Ci sono momenti in cui, a volte, mi aggiro
smarrita per le stanze, gridando il mio dolore, altri di dignitosa
compostezza e momenti di dignità raziocinante.
La consapevolezza di condividere la pena di molti non
mi consolava più di tanto, ma mi dava forza.
Certo... sono stanca; stanca e vuota... e pensare di
condividere la pena di molti non è poi una gran consolazione, al
massimo posso pensare che come ce l'hanno fatta gli altri, ce la
posso fare anch'io, perché non ho mai visto in effetti nessuno così
totalmente disperato da rinunciare del tutto a vivere anche dopo un
grande dolore, anche vivendo quotidianamente in un'ansia e una
preoccupazione lacerante, come sembra debba essere il nostro futuro”.
Col passare del tempo, quanto più diventava evidente la
gravità della situazione, tanto più cercava di armarsi di coraggio,
per riuscire ad affrontare con presunzione, senza troppa difficoltà
il momento degli adii e il dopo.
Quanto poi era preparata, lo vidi alla fine. Quel
giorno, quel grigio mattino di fine aprile 2011, pareva adatto a
dirle addio... e non posso più sentirla da allora senza provare una
stretta al cuore.
Nell'immediato mi aggrappavo al pensiero delle persone
care a cui dovevo in qualche modo dare conforto. La consolazione era
che lei se ne era andata con dignità... era quasi la sua
ossessione... in un ambiente bello, circondata da persone care.
Non è stato semplice affrontare, davvero, il dopo...
dolore e disperazione, laceranti!
C'è la serenità con cui riesco a pensare a lei che,
spesso, lascia il posto, all'improvviso, ad una sensazione di vuoto e
perdita irreparabile: il dolore della mancanza, sofferta, dai suoi
bambini.
Ricordo le sue parole: “non ci si rassegna, ci si
abitua. Si cerca di continuare a vivere una vita normale, anche
lieta, ma non è facile. A volte diventa una ricerca, anche
febbrile, di distrazioni, interessi, a volta un'apatia che sfocia
nella depressione”!
Credo, comunque, che si debba accettare questo
alternarsi di momenti sereni e disperati. L'errore più grande è
chiudersi in se stessi; bisogna avere il coraggio di chiedere aiuto,
di aprirsi agli altri con umiltà, senza avere timore di mostrare la
propria debolezza.
E poi, non bisogna dimenticare gli altri... ci può
sempre essere qualcuno che ha bisogno di noi, qualcuno a cui tendere
la mano e nel momento in cui si condivide la pena e si porta conforto
ci si sente più forti, utili e migliori... perché è questo che
avrebbe desiderato lei... alle soglie dei suoi soli 38 anni!
Dr.ssa
Antonietta Albano
Psicologa e
Pedagogista
Formazione in
Sessuologia Clinica - Perfezionamento in Psicologia Giuridica.