Voglio scrivere di questo, per un motivo molto semplice: lo
psicoterapeuta è ancora percepito in modo molto spaventoso e minaccioso.
Personalmente, da qui, sostengo semplicemente (e non solo io) che lo
psicoterapeuta è il professonista che si occupa di salute mentale e non
solo di malattia. E la sua materia di studio, di ricerca e di cura è il
funzionamento psicologico dell'essere umano. Perché sottolineare il
banale? Perchè la realtà ci mostra che, tutto sommato, il banale non è
cosa scontata. Per la gente comune è immediato pensare che, se mi rompo
una gamba, dovrò rivolgermi ad un ortopedico; se ho una gastrite al
gastroenetrologo e per un mal di denti al dentista. Inoltre, sia
l'ortopedico, il gastroenterologo, nonché il dentista oltre a curare il
danno, si preoccuperanno di fornire strumenti di prevenzione al fine di
promuovere uno stato di benessere e di prevenire eventuali recidive.
Per essere concreti, ad esempio, il dentista dirà che non si deve solo
intervenire quando il dente è cariato, bensì che è fondamentale attuare
un'accurata igiene della bocca. Fuor di metafora, lo psicoterapeuta,
alla stessa stregua, è colui che non solo cura, attraverso l'ascolto e
la parola, una determinata psicopatologia, ma che facilita nel cliente
smarrito e confuso una presa di coscienza sia della natura del suo
malessere (sintomo come spia di qualcosa che non va), sia della sua
costruzione e percezione della realtà, in termini di rapporti con i
propri sentimenti, costrutti o idee, con le sue modalità di riconoscere
ed affrontare i problemi e di costruire ed intessere relazioni con sé e
con gli altri. Perché questo passaggio è importante? Per il fatto che,
il faticoso lavoro di esplorazione e di facilitazione permette una
progressivapresa di consapevolezza e di ristrutturazione del proprio sé,
grazie all'integrazione e corretta simbolizzazione di quelle aree della
personalità, prima intercettate e distorte, perché incompatibili con il
concetto o struttura del sé: ossia di quell'insieme di emozioni, idee e
valor, introiettati dall'ambiente circostante e percepiti come propri
(Falso sé) con cui la persone si è costruita nel tempo (Rogers, 1951).
Rogers (ivi) ci insegna, infatti, come uno dei bisogni della Persona sia
quello di mantenere un certo grado di coerenza interna, intesa come
percezione di sé stabile e coerente nel tempo, negando alla coscienza,
se necessario quei vissuti, di carattere organismico e viscerale,
percepiti come minacciosi (Vero sé), in quanto in forte contrasto con
l'immagine che il soggetto ha di sé. Fin quando la persona non sente
conflitto interiore rispetto al tentativo di emersione di queste parti
distorte e bloccate, l'equilibrio è preservato: alcuni elementi possono
benissimo essere posti al di fuori della coscienza, senza turbamento per
l'individuo. Ma cosa succede, al contrario, a quella persona che sente
che qualcosa sta andando in crisi? Che nota dei cambiamenti nel suo
percepire? Che inizia a rendersi conto che inizia ad esserci una
discrepanza (ivi) tra ciò che pensa e ciò che sente e proviene dal suo
organismo? Che sente emozioni contrastanti e minacciose? La scelta di
rivolgersi ad uno psicoterapeuta si incunea proprio in questo
frangente: quando si prova sofferenza psicologica, confusione, ansia e
tensione, quando i nostri sintomi psicologici ci informano che c'è
qualcosa che non va. Quando si instaura, in termini rogersiani, una
delle condizioni necessarie e sufficienti per la nascita della relazione
terapeutica e del processo di cambiamento proprie del cliente, ossia un
nascente stato di incongruenza o di ansia (Rogers, 1957; 1961), che si
manifesta, appunto, attraverso una determinata sintomatologia (sintomi
ansiosi, depressivi, psicotici...) non decifrabile. Ed il terapeuta
serve proprio a questo: a facilitare la persona, considerata come la
miglior esperta di se stessa in quanto agente di scelta libero e
responsabile, nel trovare, in modo unico, soggettivo ed irripetibile,
una chiave di lettura della sofferenza che sta provando. Ed è proprio
l'interrogazione di questi sintomi, l'offrire loro un senso, secondo
ciò che suggerisce la propria saggezza organismica, offrire loro una
storia , una loro collocazione, un "perché" è fare buona psicoterapia.
Dott.ssa Francesca Carubbi
psicologa - psicoterapeuta
www.psicologafano.com
© Francesca Carubbi
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